Corrado III Trinci: differenze tra le versioni

Da WikiFoligno.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
(Creata pagina con "center ")
 
Nessun oggetto della modifica
Riga 1: Riga 1:
[[File:PIC.png|center]]
[[File:PIC.png|center]]
[[File:09CorradoIII.png|180px|right]]
Corrado III de' Trinci (... – Soriano nel Cimino, 14 giugno 1441), figlio di [[Ugolino III]], è stato un condottiero italiano, nono ed ultimo Signore di Foligno dal 20 Gennaio 1421 all'8 settembre 1439. Sposato con Costanza Orsini di Monterotondo, ebbe diversi figli, molti dei quali lo seguirono nella sua tragica fine.
<!-- INTESTAZIONE SIGNORE -->
{| class="wikitable" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center; border-bottom-left-radius: 10px; border-bottom-right-radius: 10px; border-top-left-radius: 10px; border-top-right-radius: 10px; border-bottom: 10px solid #C40000; border-top: 20px solid #C40000; border-right: 1px solid #C40000; border-left: 1px solid #C40000; box-shadow: 3px 3px 0px 0px #000000; background: #ffffff;"
|-
| colspan="2" style="background: #FFCC00;" | [[File:StemmaTrinciFides.png|x64px]] [[File:09CorradoIIISC.png|x64px]]
|-
| colspan="2" style="background: #F5FAFF;"| '''Stato'''
|-
| [[File:SignoriaFoligno.png|x40px]]
| [[File:Stato Pontificio.png|x40px]]
|-
| colspan="2" style="background: #F5FAFF;"| '''Titoli'''
|-
| Capitano del Popolo
| Gonfaloniere di Giustizia
|-
| colspan="2" | Vicario Apostolico
|-
| style="background: #F5FAFF;"| '''Predecessore'''
| style="background: #F5FAFF;"| '''Successore'''
|-
| Niccolò [[Trincia]] de' Trinci
| - Fine della Signoria -
|-
| style="background: #F5FAFF;"| '''Inizio Signoria'''
| style="background: #F5FAFF;"| '''Fine Signoria'''
|-
| 20 gennaio 1421
| 8 settembre 1439
|-
| colspan="2" style="background: #F5FAFF;" | '''Ascendenza'''
|-
| Ugolino III de' Trinci
| Costanza d'Aldobrando Orsini
|-
| colspan="2" style="background: #F5FAFF;" | '''Consorte'''
|-
| Armellina d'Uguccion Urbano Casali, Signore di Cortona | Costanza "Tanza" di Niccolò Orsini Conte di Monuppello
|-
| colspan="2" style="background: #F5FAFF;" | '''Discendenza'''
|-
| Rinaldo
| Contessa
|-
| Faustina
| Marsobilia
|-
| Ugone
| Cesare
|-
| Ugolino
| Niccolò
|-
| Francesco
|
|}
<!-- FINE INTESTAZIONE SIGNORE -->
== Biografia e Note Storiche ==
Unico superstite dell'"eccidio di Nocera", fu l'ultimo della Signoria dei Trinci e rimase inviso a tutti per le particolari ed estreme crudeltà commesse, che furono causa di molti lutti, della perdita dello Stato, e della morte, sua e dei suoi figli.<br>
Nemico dei papi, lottò sempre contro la Chiesa, cercando di sottrarsi alla dipendenza da essa, a cui era obbligato in qualità di Vicario. Facendosi beffe delle scomuniche, tormentò continuamente gli appartenenti al clero, spogliandoli dei loro privilegi e delle loro proprietà.<br>
Prima di succedere a Niccolò, e assumerne tutti i titoli, Corrado compì una feroce vendetta contro i responsabili della morte dei fratelli.
{| style= "border: 1px solid #000000; border-radius: 5px; background-color:#f8f8f8;"
|-
| [[File:Lente01.png|24px]] ''<small>Vedi pagina dedicata:</small>'' [[L'eccidio di Nocera]]
|}
L'efferata crudeltà di Corrado suscitò lo sdegno e l'ira di Papa Martino V, il quale però si limitò a inviare un suo commissario a Foligno per frenare l’ira di Corrado, minacciandolo di scomunica. Corrado si fece beffe delle minacce del Papa che credette opportuno astenersi, per il momento, da ogni recriminazione. Foligno era circondata dallo Stato della Chiesa che assumeva di giorno in giorno maggiore consistenza, e inoltre, pur essendo le piccole sovranità della Marca e dell'Umbria tutte imparentate coi Trinci, nessuna di loro aveva interesse a formare una lega contro la Chiesa. Pur condividendo, in massima parte, le opinioni di Corrado, le signorie "amiche" erano maggiormente preoccupate dai loro stessi popoli, stanchi di essere tiranneggiati; infatti i Varano vennero di lì a poco tutti trucidati, e molte signorie cessarono presto di esistere, per l'intervento diretto del Pontefice.<br>
Corrado poteva comunque contare, oltre che sul proprio ardire, anche sull'amicizia che lo legava a Braccio da Montone, anch'egli suo parente. Fu proprio Corrado, a Perugia nel 1423, a imporre solennemente la corona del Principato di Capua, in nome della Regina Giovanna II di Napoli, sul capo del suo grande amico.<br>
Dopo aver ottenuto, in modo così tragico, “''la signuria et lu dominiu''”, uno dei primi atti di Corrado fu quello di conoscere il reale stato delle cose, e si fece pertanto redigere un preciso inventario dei suoi possedimenti. Tale documento, tuttora conservato negli archivi della Biblioteca Jacobilli, contiene l’elenco di tutti gli uffici civili e militari che dipendevano da Corrado: Podestà, Cancellieri, Castellani, custodi, soldati ecc. e tutti i dati a loro relativi, come data di elezione alla carica, durata della stessa, stipendio ecc. Questo documento, probabilmente redatto dal Cancelliere e Segretario di Corrado, ser Benedetto Rampeschi, è però incompleto e si riferisce solamente agli anni dal 1421 al 1424, ma è comunque più che sufficiente a dare un’idea dell’estensione dei domini dei Trinci e del potere che essi avevano.
Quello che segue è l'elenco dei possedimenti dei Trinci, tra il 1421 ed il 1424, anni a cui si riferisce il sopracitato documento. Molti di questi luoghi esistono ancora con lo stesso nome o di poco differente.
(Elenco)
Quella che sembrava essere una posizione di forza, si rivelò invece piuttosto fragile: il 5 giugno 1424, nella battaglia di Pescara, Braccio venne ucciso e il suo potere, politico e militare, passò al figlio quattordicenne Oddo, il quale meno di un anno dopo venne tradito e ucciso da uno dei suoi luogotenenti, Niccolò Piccinino.<br>
Papa Martino V, che non aveva osato sfidare militarmente Braccio, non perse tempo: appena messo a conoscenza della sua morte, inviò a Foligno il condottiero Francesco Sforza alla testa di tremila cavalli, con il perentorio ordine di togliere ai Trinci tutti i beni e le terre di appartenenza; le truppe pontificie occuparono in breve Bevagna, Trevi, Montefalco e Nocera.
Francesco Manenti, scampato alla strage della sua famiglia, si unì all’esercito dello Sforza inviando contro Foligno il Capitano Melchiorre da Pettino al comando di trecento cavalieri e duecento fanti. Lo Sforza, posto l'assedio a Foligno, prese contatti con alcuni nobili residenti nella città, che avrebbero dovuto facilitargli l'ingresso, ma la congiura fu scoperta. I capi di detta congiura erano Pietro di Aldobrandino ed Armaleone di Ranaldo Brancaleoni, fuoriusciti folignati.<br>
Corrado fu costretto a scendere a patti con lo Sforza, al quale fra l'altro promise in moglie la propria figlia, Faustina. Con il consenso del Pontefice, che concesse il perdono a Corrado e lo ripristinò come Vicario Pontificio, nominandolo anche "''Condottiero di Martino V''", lo Sforza tolse l'assedio a Foligno e assentì al matrimonio fra Faustina e Gianandrea Colonna, parente suo e del Papa. "''Nel tripudio di sontuose nozze, dettate solo da interessi terreni riguardanti la sua famiglia, e con l’inqualificabile assoluzione che lo rendeva complice moralmente di tante atrocità, il Pontefice irrideva alle tante innocenti vittime dello scempio di Nocera''". Papa Martino V lo inviò quindi alla conquista di Perugia, contro Oddo Fortebraccio, cosa che Corrado si guardò bene dal fare, continuando celatamente a favorire i nemici della Chiesa.<br>
Nel 1428 riprese però le armi, riuscendo solamente ad aumentare il numero dei suoi nemici. L'aderenza con Francesco Sforza gli permise quindi di recuperare nuovamente il favore del Pontefice.
Le concessioni fatte non procurarono comunque al Papa la gratitudine di Corrado che, trovandosi a Roma alla morte di Martino V, che era di casa Colonna, fu uno dei primi a correre al saccheggio del palazzo dei Colonnesi. <br>
L'ascesa al soglio pontificio di Eugenio IV, che poteva annoverare tra i suoi amici, gli permise di essere confermato nel dominio, sebbene i Folignati, stanchi della tirannia e dei soprusi di Corrado, avessero fatto istanza al Papa per esserne liberati.<br>
Una serie di rivolte e di sottomissioni avevano sin'allora caratterizzato i rapporti tra Corrado Trinci e la Sede Apostolica, cui formalmente apparteneva l'alta sovranità su una parte dell'Umbria e nel cui nome, come Vicario, egli stesso governava Foligno, le terre di Gualdo Cattaneo e della Val Topina. L'ultima sollevazione risaliva al 1433, quando Corrado aveva ripreso le armi contro la Chiesa, per appoggiare le incursioni di Niccolò Fortebraccio e di Niccolò Piccinino contro i territori umbri di dominio pontificio da un lato, e dall'altro per contrastare i progressi delle milizie di Francesco Sforza, alla fine intesosi con il papa Eugenio IV, che lo aveva creato suo vicario nella Marca e Gonfaloniere di S. Romana Chiesa.<br>
Nel 1434 Montefalco si ribellò, scegliendo di assoggettarsi direttamente alla Chiesa; Corradò volò ad assediarla, in concorso con Niccolò Fortebraccio, e riuscì a occuparla.<br>
Francesco Sforza mosse nuovamente contro il Fortebraccio, inviando il fratellastro Leone Sforza a combatterlo, ma questi fu battuto e preso prigioniero. Nell'agosto del 1435, nella piana di Colfiorito, presso Camerino, le truppe del Fortebraccio vennero annientate dall'armata di Francesco Sforza; lo stesso Fortebraccio perdette la vita combattendo, e Leone Sforza venne liberato. <br>
Travolto dalla sconfitta dell'alleato, Corrado Trinci cambiò ancora una volta partito, scegliendo di avviare trattative in vista di un accordo con il Pontefice. Ne affidò la gestione a due persone fidate, a lui consanguinee: Francesco Elmi e Giacomo Trinci, il potente abate di Sassovivo, che nominò suoi ambasciatori e procuratori presso Eugenio IV. I negoziati procedettero rapidamente. Il 27 agosto, nel corso di una solenne cerimonia tenutasi nel palazzo Trinci a Foligno, l'Elmi e Giacomo Trinci ricevettero la procura dalle mani di Corrado. L'8 settembre, nel convento fiorentino di S. Maria Novella, presente Cosimo il Vecchio de' Medici, l'Elmi e l'Abate di Sassovivo, da un lato, ed il Cardinal Camerario Francesco Condulmer in rappresentanza del Papa, dall'altro, firmarono l'atto con cui Corrado Trinci dichiarava di sottomettersi alla Sede Apostolica, di essere pronto a prestare giuramento di fedeltà, e si impegnava a pagare i censi dovuti per il passato e per il futuro, mentre Eugenio IV, da parte sua, lo confermava suo Vicario in Foligno, a Nocera e nella Val Topina. Il documento precisava esattamente i confini dei territori sottoposti alla giurisdizione del Trinci, il cui ambito risultava tuttavia nel suo complesso ridotto rispetto al passato, specie lungo il confine perugino; stabiliva inoltre che il Trinci dovesse procedere alla restituzione delle terre e delle città che non fossero espressamente indicate nel documento; ordinava infine lo sgombero delle terre di Bevagna e di Montefalco, da lui militarmente occupate; nel 1438 però, lo stesso Papa gli riconfermava il dominio su Montefalco.<br>
Quando però Corrado, usando severe minacce, costrinse i canonici della Cattedrale ad eleggere Vescovo di Foligno suo figlio Rinaldo, mentre dalla Curia Romana era già stato nominato e consacrato Cristoforo di Berto, rispondendo così con la solita perfidia ai favori del Papa, questi si sdegnò e deliberò la distruzione dei Trinci. Poiché venivano lese le prerogative ecclesiastiche si pensò alla spedizione del Vitelleschi per attuare la quale si attese il momento più opportuno.<br>
L'occasione si presentò quando Spoleto si ribellò a Pirro Tomacelli, Abate di Montecassino, Rettore di Spoleto, e parente dei Trinci.

Versione delle 06:51, 5 ott 2021

Corrado III de' Trinci (... – Soriano nel Cimino, 14 giugno 1441), figlio di Ugolino III, è stato un condottiero italiano, nono ed ultimo Signore di Foligno dal 20 Gennaio 1421 all'8 settembre 1439. Sposato con Costanza Orsini di Monterotondo, ebbe diversi figli, molti dei quali lo seguirono nella sua tragica fine.

Stato
Titoli
Capitano del Popolo Gonfaloniere di Giustizia
Vicario Apostolico
Predecessore Successore
Niccolò Trincia de' Trinci - Fine della Signoria -
Inizio Signoria Fine Signoria
20 gennaio 1421 8 settembre 1439
Ascendenza
Ugolino III de' Trinci Costanza d'Aldobrando Orsini
Consorte
Costanza "Tanza" di Niccolò Orsini Conte di Monuppello
Discendenza
Rinaldo Contessa
Faustina Marsobilia
Ugone Cesare
Ugolino Niccolò
Francesco

Biografia e Note Storiche

Unico superstite dell'"eccidio di Nocera", fu l'ultimo della Signoria dei Trinci e rimase inviso a tutti per le particolari ed estreme crudeltà commesse, che furono causa di molti lutti, della perdita dello Stato, e della morte, sua e dei suoi figli.
Nemico dei papi, lottò sempre contro la Chiesa, cercando di sottrarsi alla dipendenza da essa, a cui era obbligato in qualità di Vicario. Facendosi beffe delle scomuniche, tormentò continuamente gli appartenenti al clero, spogliandoli dei loro privilegi e delle loro proprietà.
Prima di succedere a Niccolò, e assumerne tutti i titoli, Corrado compì una feroce vendetta contro i responsabili della morte dei fratelli.

Vedi pagina dedicata: L'eccidio di Nocera

L'efferata crudeltà di Corrado suscitò lo sdegno e l'ira di Papa Martino V, il quale però si limitò a inviare un suo commissario a Foligno per frenare l’ira di Corrado, minacciandolo di scomunica. Corrado si fece beffe delle minacce del Papa che credette opportuno astenersi, per il momento, da ogni recriminazione. Foligno era circondata dallo Stato della Chiesa che assumeva di giorno in giorno maggiore consistenza, e inoltre, pur essendo le piccole sovranità della Marca e dell'Umbria tutte imparentate coi Trinci, nessuna di loro aveva interesse a formare una lega contro la Chiesa. Pur condividendo, in massima parte, le opinioni di Corrado, le signorie "amiche" erano maggiormente preoccupate dai loro stessi popoli, stanchi di essere tiranneggiati; infatti i Varano vennero di lì a poco tutti trucidati, e molte signorie cessarono presto di esistere, per l'intervento diretto del Pontefice.
Corrado poteva comunque contare, oltre che sul proprio ardire, anche sull'amicizia che lo legava a Braccio da Montone, anch'egli suo parente. Fu proprio Corrado, a Perugia nel 1423, a imporre solennemente la corona del Principato di Capua, in nome della Regina Giovanna II di Napoli, sul capo del suo grande amico.
Dopo aver ottenuto, in modo così tragico, “la signuria et lu dominiu”, uno dei primi atti di Corrado fu quello di conoscere il reale stato delle cose, e si fece pertanto redigere un preciso inventario dei suoi possedimenti. Tale documento, tuttora conservato negli archivi della Biblioteca Jacobilli, contiene l’elenco di tutti gli uffici civili e militari che dipendevano da Corrado: Podestà, Cancellieri, Castellani, custodi, soldati ecc. e tutti i dati a loro relativi, come data di elezione alla carica, durata della stessa, stipendio ecc. Questo documento, probabilmente redatto dal Cancelliere e Segretario di Corrado, ser Benedetto Rampeschi, è però incompleto e si riferisce solamente agli anni dal 1421 al 1424, ma è comunque più che sufficiente a dare un’idea dell’estensione dei domini dei Trinci e del potere che essi avevano.

Quello che segue è l'elenco dei possedimenti dei Trinci, tra il 1421 ed il 1424, anni a cui si riferisce il sopracitato documento. Molti di questi luoghi esistono ancora con lo stesso nome o di poco differente.

(Elenco)

Quella che sembrava essere una posizione di forza, si rivelò invece piuttosto fragile: il 5 giugno 1424, nella battaglia di Pescara, Braccio venne ucciso e il suo potere, politico e militare, passò al figlio quattordicenne Oddo, il quale meno di un anno dopo venne tradito e ucciso da uno dei suoi luogotenenti, Niccolò Piccinino.
Papa Martino V, che non aveva osato sfidare militarmente Braccio, non perse tempo: appena messo a conoscenza della sua morte, inviò a Foligno il condottiero Francesco Sforza alla testa di tremila cavalli, con il perentorio ordine di togliere ai Trinci tutti i beni e le terre di appartenenza; le truppe pontificie occuparono in breve Bevagna, Trevi, Montefalco e Nocera. Francesco Manenti, scampato alla strage della sua famiglia, si unì all’esercito dello Sforza inviando contro Foligno il Capitano Melchiorre da Pettino al comando di trecento cavalieri e duecento fanti. Lo Sforza, posto l'assedio a Foligno, prese contatti con alcuni nobili residenti nella città, che avrebbero dovuto facilitargli l'ingresso, ma la congiura fu scoperta. I capi di detta congiura erano Pietro di Aldobrandino ed Armaleone di Ranaldo Brancaleoni, fuoriusciti folignati.
Corrado fu costretto a scendere a patti con lo Sforza, al quale fra l'altro promise in moglie la propria figlia, Faustina. Con il consenso del Pontefice, che concesse il perdono a Corrado e lo ripristinò come Vicario Pontificio, nominandolo anche "Condottiero di Martino V", lo Sforza tolse l'assedio a Foligno e assentì al matrimonio fra Faustina e Gianandrea Colonna, parente suo e del Papa. "Nel tripudio di sontuose nozze, dettate solo da interessi terreni riguardanti la sua famiglia, e con l’inqualificabile assoluzione che lo rendeva complice moralmente di tante atrocità, il Pontefice irrideva alle tante innocenti vittime dello scempio di Nocera". Papa Martino V lo inviò quindi alla conquista di Perugia, contro Oddo Fortebraccio, cosa che Corrado si guardò bene dal fare, continuando celatamente a favorire i nemici della Chiesa.
Nel 1428 riprese però le armi, riuscendo solamente ad aumentare il numero dei suoi nemici. L'aderenza con Francesco Sforza gli permise quindi di recuperare nuovamente il favore del Pontefice. Le concessioni fatte non procurarono comunque al Papa la gratitudine di Corrado che, trovandosi a Roma alla morte di Martino V, che era di casa Colonna, fu uno dei primi a correre al saccheggio del palazzo dei Colonnesi.
L'ascesa al soglio pontificio di Eugenio IV, che poteva annoverare tra i suoi amici, gli permise di essere confermato nel dominio, sebbene i Folignati, stanchi della tirannia e dei soprusi di Corrado, avessero fatto istanza al Papa per esserne liberati.
Una serie di rivolte e di sottomissioni avevano sin'allora caratterizzato i rapporti tra Corrado Trinci e la Sede Apostolica, cui formalmente apparteneva l'alta sovranità su una parte dell'Umbria e nel cui nome, come Vicario, egli stesso governava Foligno, le terre di Gualdo Cattaneo e della Val Topina. L'ultima sollevazione risaliva al 1433, quando Corrado aveva ripreso le armi contro la Chiesa, per appoggiare le incursioni di Niccolò Fortebraccio e di Niccolò Piccinino contro i territori umbri di dominio pontificio da un lato, e dall'altro per contrastare i progressi delle milizie di Francesco Sforza, alla fine intesosi con il papa Eugenio IV, che lo aveva creato suo vicario nella Marca e Gonfaloniere di S. Romana Chiesa.
Nel 1434 Montefalco si ribellò, scegliendo di assoggettarsi direttamente alla Chiesa; Corradò volò ad assediarla, in concorso con Niccolò Fortebraccio, e riuscì a occuparla.
Francesco Sforza mosse nuovamente contro il Fortebraccio, inviando il fratellastro Leone Sforza a combatterlo, ma questi fu battuto e preso prigioniero. Nell'agosto del 1435, nella piana di Colfiorito, presso Camerino, le truppe del Fortebraccio vennero annientate dall'armata di Francesco Sforza; lo stesso Fortebraccio perdette la vita combattendo, e Leone Sforza venne liberato.
Travolto dalla sconfitta dell'alleato, Corrado Trinci cambiò ancora una volta partito, scegliendo di avviare trattative in vista di un accordo con il Pontefice. Ne affidò la gestione a due persone fidate, a lui consanguinee: Francesco Elmi e Giacomo Trinci, il potente abate di Sassovivo, che nominò suoi ambasciatori e procuratori presso Eugenio IV. I negoziati procedettero rapidamente. Il 27 agosto, nel corso di una solenne cerimonia tenutasi nel palazzo Trinci a Foligno, l'Elmi e Giacomo Trinci ricevettero la procura dalle mani di Corrado. L'8 settembre, nel convento fiorentino di S. Maria Novella, presente Cosimo il Vecchio de' Medici, l'Elmi e l'Abate di Sassovivo, da un lato, ed il Cardinal Camerario Francesco Condulmer in rappresentanza del Papa, dall'altro, firmarono l'atto con cui Corrado Trinci dichiarava di sottomettersi alla Sede Apostolica, di essere pronto a prestare giuramento di fedeltà, e si impegnava a pagare i censi dovuti per il passato e per il futuro, mentre Eugenio IV, da parte sua, lo confermava suo Vicario in Foligno, a Nocera e nella Val Topina. Il documento precisava esattamente i confini dei territori sottoposti alla giurisdizione del Trinci, il cui ambito risultava tuttavia nel suo complesso ridotto rispetto al passato, specie lungo il confine perugino; stabiliva inoltre che il Trinci dovesse procedere alla restituzione delle terre e delle città che non fossero espressamente indicate nel documento; ordinava infine lo sgombero delle terre di Bevagna e di Montefalco, da lui militarmente occupate; nel 1438 però, lo stesso Papa gli riconfermava il dominio su Montefalco.
Quando però Corrado, usando severe minacce, costrinse i canonici della Cattedrale ad eleggere Vescovo di Foligno suo figlio Rinaldo, mentre dalla Curia Romana era già stato nominato e consacrato Cristoforo di Berto, rispondendo così con la solita perfidia ai favori del Papa, questi si sdegnò e deliberò la distruzione dei Trinci. Poiché venivano lese le prerogative ecclesiastiche si pensò alla spedizione del Vitelleschi per attuare la quale si attese il momento più opportuno.
L'occasione si presentò quando Spoleto si ribellò a Pirro Tomacelli, Abate di Montecassino, Rettore di Spoleto, e parente dei Trinci.