Marsobilia Trinci

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Marsobilia Trinci (1415 - 5 marzo 1485) è probabilmente l'unica della sua casata a non aver subìto la "damnatio memoriae" che ha invece afflitto gli altri componenti della famiglia. Esistono ancora il suo monumento funebre e l'iscrizione dedicatale dal figlio Carlo.

Note storico-biografiche

Figlia di Corrado III Trinci e Tanza Orsini, fu promessa in sposa a Leone Sforza quando aveva solo nove anni, nel 1424, durante l'assedio a Foligno di Francesco Sforza. Il matrimonio con Leone fu celebrato il 25 gennaio 1436, e da questa unione non nacquero figli. Nell'agosto dello stesso anno, sua madre si separò dal marito e si trasferì a Roma. Nell'estate del 1439, secondo alcune fonti, fu presa prigioniera dal Cardinale Vitelleschi che assediava Foligno; alla caduta della città perse tre dei suoi fratelli, Ugone, Cesare e Francesco, trucidati dal popolo, mentre il padre e altri due fratelli, Ugolino e Niccolò, vennero imprigionati nella Rocca di Soriano nel Cimino. Nel 1441 rimase vedova, e il 14 giugno dello stesso anno il padre e i fratelli vennero giustiziati per ordine del Papa.

Leone Sforza, figlio naturale di Giacomo "Muzio" Attendolo detto lo Sforza, e Lucia da Torgiano, nacque nel 1407 in Castelfiorentino. Secondo alcune fonti era il fratellastro di Francesco, futuro Duca di Milano, ma sembra che fossero entrambi figli di Lucia e che entrambi siano stati legittimati come eredi dalla regina di Napoli Giovanna II. Condottiero come il fratello, lo seguì sempre nelle sue imprese, fino all'assedio di Caravaggio, nel 1440, quando rimase ferito da un colpo di bombarda, combattendo per i Veneziani contro il Duca di Milano. Morì l'anno successivo.

Ancora giovane, sposò in seconde nozze il marchigiano conte Gianfrancesco Oliva di Piandimeleto, nella logica delle alleanze familiari che vedevano Sigismondo Malatesta, signore di Rimini a cui l’Oliva aveva giurato fedeltà, legato agli Sforza, nei difficili equilibri dei contrasti fra signorie. Marsobilia dette a Gianfrancesco almeno due figli, Carlo (che nacque intorno al 1445) e Brancaleone.

Gianfrancesco Oliva Conte di Piagnano e Piandimeleto, nacque nel 1406 e fu un valente condottiero. Nel 1473 ricoprì l'incarico di Senatore a Roma. Impegnato con il figlio Carlo nell’assedio di Città di Castello, per conto delle truppe pontificie di Papa Sisto IV, rimase gravemente ferito. Gli ultimi quattro anni della vita di Gianfrancesco furono tormentati dai postumi di queste ferite, per curare le quali Lorenzo il Magnifico fece arrivare addirittura dei suoi medici da Firenze, a testimonianza della stima che l’Oliva, definito “persona nobile, letterata e valorosa”, si era conquistato fra i signori dell’epoca. Il 13 agosto del 1478 Gianfrancesco morì.
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Marsobilia si spense all'età di settanta anni, il 5 marzo 1485.

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Carlo degli Olivi, Conte di Piagnano e di Piandimeleto, il primogenito di Marsobilia, fu anch'egli un valente condottiero. Di lui Sigismondo de’ Conti scrisse che fu “uomo valoroso e consumato nelle arti della guerra”. Giovanissimo, non ancora ventenne, impegnato con il padre nell’assedio di Città di Castello, Carlo perse un occhio per un colpo di lancia. Morì a Pavia nell'ottobre del 1495.

La cappella dei conti Oliva

Per onorare la memoria dei genitori, il figlio Carlo fece edificare una cappella funeraria nel convento di Montefiorentino, in tipiche forme rinascimentali. Ai due lati sono i due monumenti funebri di Marsobilia e Gianfrancesco realizzati dal fiorentino Francesco di Simone Ferrucci, mentre sull’altare vi è una pala di Giovanni Santi, padre di Raffaello, una “sacra conversazione” con al centro la Madonna e il Bambino e sulla destra, inginocchiato, Carlo Oliva in abbigliamento militare.
L’apparato decorativo delle due tombe utilizza tutti i motivi del repertorio toscano in voga nella seconda metà del quattrocento, composti ed eseguiti con grande maestria e delicatezza. Nelle figure si rivela una notevole influenza di Andrea del Verrocchio, presso il quale Francesco di Simone aveva lavorato a più riprese. Complessivamente le sculture esprimono un grande equilibrio, un senso di quieta armonia, di dignitosa umanità; anche i putti che reggono le lunghe iscrizioni, composte probabilmente dallo stesso Carlo, hanno una vivacità trattenuta, misurata, quasi per non rompere l’incanto del lungo sonno delle figure distese sui catafalchi. Quella di Gianfrancesco, composta nella sua splendida armatura da capitano di milizie, con la grande spada al fianco, ha il volto nobile ed energico che sembra ancora corrucciato per le gravi ferite ricevute a Città di Castello mentre combatteva per Sisto IV (1474). Quella di Marsobilia Trinci, in severi abiti vedovili, conserva ancora le tracce di una antica, severa bellezza e di una grande nobiltà.
L'iscrizione dedicata alla madre recita: Qui giace quella Marsobilia, di Trincia progenie, insigne di quelle doti di cui essa non palesa il fulgore. Il duca dei Liguri, Francesco Sforza, a suo fratello, ch'ella poi sposò, consentì che si unisse. Dopo le fatali vicende del padre suo tutto l’eterno femminino essa avanza. Dell’onore di tanta madre, io, Carlo fruisco. La religione e la pietà, i santi costumi e il pudore sono i candidi serti della sua illustre vita. Se alle anime, dopo la morte, è dato vedere, sia consentito da questa tomba alla madre mia vedere me e il padre mio. Visse anni settanta. Morì il 5 marzo 1485, essendo Pontefice Massimo Innocenzo Ottavo. Carlo Olivo, conte di Planano, a Giovanni Francesco e a Marsobilia Trinci, conti, e illustri suoi genitori, per l’amore sincero che verso di loro porta, questo sacello e mausoleo eresse nel 1485.

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