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La Giostra della Quintana è la principale manifestazione che si svolge a Foligno, ogni anno, dal 1946. Si tratta della rievocazione della Giostra che veniva effettuata anticamente, in un periodo che abbraccia il tardo medioevo e l'età barocca, in occasione del Carnevale. Si hanno notizie, perlopiù frammentarie, di varie Giostre effettuate a Foligno durante questi secoli, ma solo di una si ha un resoconto completo e dettagliato: la Giostra del 1613. Quella cronaca, redatta dal Cancelliere dell'epoca, Ettore Tesorieri, è giunta fino a noi ed è stata presa a modello quando, nel 1946, si decise di "riesumare" l'antico torneo cavalleresco.<br>
Partita come semplice rievocazione storica da un’idea di Emilio De Pasquale, negli anni la Giostra è stata integrata con manifestazioni accessorie che ne hanno accresciuto la popolarità, fino a farla diventare un vero e proprio fenomeno di costume. Così come ormai non si può più prescindere dalle taverne rionali, che di fatto sono i centri in cui si svolge l’attività di tutti coloro che in qualche modo ruotano intorno alla Giostra stessa. Fino al 1978 si è svolta una sola edizione annuale; dal 1979 si corrono due edizioni, la Sfida e la Rivincita, che per vent’anni si sono svolte nel giro di due settimane. Dal 2000 la Sfida si svolge, in notturna, nel mese di giugno, la rivincita, invece, nella classica collocazione pomeridiana, in settembre.
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== Origine della Giostra della Quintana ==
Il termine "''quintana''" deriva con ogni probabilità dal nome di una delle strade interne all'accampamento (''castra'') romano, ubicata "''ai due lati del Pretorio''" dove "''viene lasciato uno spazio di cinquanta piedi tra il V e il VI squadrone e allo stesso modo tra il V e il VI manipolo di fanteria, in modo che ne risulta un'altra via in mezzo alle legioni, perpendicolare ai quartieri e parallela alle tende dei tribuni: questa via si chiama Quintana perché si trova lungo le tende della V squadra''" (Polibio, VI, 27-32). In questo settore specifico, destinato all'allenamento dei legionari, i soldati armati di lancia si lanciavano per infilzare un anello tenuto in una mano da un fantoccio. Dal punto di vista storico la Quintana, invece, è quella statua o fantoccio di legno che raffigura un guerriero armato, verso il quale, come ad un bersaglio, corrono i cavalieri con le lance. Esso viene chiamato anche Saracino con riferimento alle Crociate o alle guerre contro i Turchi, Chintana o Buratto e rappresenta una mezza figura, che nella mano sinistra tiene lo scudo e nella destra la spada o il bastone. Tale statua, se non è colpita al petto, ruota su sé stessa e colpisce colui che sbaglia il colpo.<br>
Le cronache ci tramandano diverse notizie su varie Giostre corse a Foligno, ma la maggior descrizione la troviamo per quella del 1158 corsa in onore dell'Imperatore Federico I (Barbarossa). Lo storico folignate Lodovico Jacobilli ci fa sapere che ne risultò vincitore, contro i cavalieri tedeschi della scorta, il nobile folignate Ferrara Pandolfi che ebbe in dono dal sovrano la possibilità di aggiungere il nome Elmi al cognome e di inserirlo nello stemma araldico. In seguito le cronache di Riccardo di San Germano ci tramandano i ricordi di una Giostra tenutasi in città in onore del Re di Puglia e di Sicilia, Federico II, che nel Gennaio 1240 scese a Foligno, proveniente da Coccorone (Montefalco), per celebrarvi un congresso straordinario dei suoi seguaci nell'Italia centrale.<br>
La prima notizia di una Giostra nella quale giovani cavalieri a cavallo dovevano infrangere le loro lance appuntite contro la Quintana ci viene da un documento in latino del 1448.
In esso, redatto dal Cancelliere comunale del tempo, Bernardo De Albriciis, troviamo scritto per la prima volta il termine di Quintana. Il De Albriciis, nel redigere un “regolamento” per le celebrazioni della festa di San Feliciano, parla dell’esposizione di un “Palio Aquefranche” che si aggiudicherà il vincitore della giostra e di un anello (''annulo argenteo et similiter'') che dovrà essere infilato con la lancia. L'umanista Niccolò Tignosi, nel suo trattato “''De origine Fulginatum''”, attribuì ai Trinci, la cui signoria terminò nel 1439, la colpa di aver fatto sparire gran parte dei documenti dagli archivi cittadini, risparmiando solo la documentazione che riguardava la loro casata, e quindi la quasi totale assenza di documenti dei periodi precedenti.<br>
Nel 1472 e nel 1497 si ha notizia di due giostre all’incontro, sempre tenute nel periodo carnevalesco. La prima avvenne il 9 febbraio, per festeggiare una donazione di Christofano Piccolomini, nipote del Cardinale. In quell’occasione la lancia aveva un anello di ferro in cima. La giostra avveniva quindi con un cavaliere contro l’altro e si assegnavano diversi punteggi a seconda di dove veniva colpito il contendente. Erano previste pene in caso di uccisione o ferimento. La seconda avviene invece per la festa di San Feliciano, a sostituire la precedente Corsa del Palio.
Si hanno notizie di altre Giostre tenute negli anni 1527, 1554, 1600, 1613, 1616, 1713, 1718, 1720, 1740. Di tutte queste gare ci sono giunti dei racconti frammentari ad eccezione di quella del 1613 di cui troviamo, oltre ai capitoli di giostra (regolamenti), una cronaca della gara.<br>
La corsa, chiamata allora "''Gioco dell'anello''", forse perché si dava in premio al vincitore un anello del valore di otto fiorini, si svolse nella Piazza Grande in occasione della Festa di San Feliciano. Infatti gran parte della giornata dedicata alla festa del patrono era dedicata ai "''ludi publici''", spettacoli di massa che fino alla metà del secolo XV erano effettuati nella seconda parte della giornata, come afferma il cancelliere De Albriciis che li elenca anche nel seguente ordine:
* ''spettacolo della pacca'';
* ''corsa del toro'';
* ''palio rosato'';
* ''corsa all'anello'';
* ''corsa delle meretrici''.
La corsa dell'anello o all'anello era uno spettacolo cavalleresco riservato ai giovani nobili; essa prendeva il nome dal premio messo in palio: un anello d'argento del valore di otto fiorini. Oppure veniva chiamata giostra del termine latino "''juxta''" trasformatosi poi in "''jostare''" che vuol dire accostarsi, avvicinarsi, naturalmente ad un bersaglio fisso contro cui si infrangevano le aste.<br>
Scopo precipuo della Giostra, ripresa ogni anno il 17 Gennaio, primo giorno di Carnevale, doveva essere il semplice spasso popolare, che si protraeva fino al giorno delle Ceneri. Ma da una memoria del 1613, in cui si parla di una contesa sorta tra i priori della città, e cioè "''se il cavaliere d'onore debba tener più alla grazia del principe o al favore di una gentilissima dama''", possiamo sospettare che altre gare siano sorte, per risolvere altre questioni d'amore e di gentilezza, com'era costume in quei paesi dove la cavalleria ebbe il suo naturale sviluppo.<br>
La distinzione sociale dei ceti si rivela, pertanto, direttamente. Certo il popolo partecipa a tutte e due le forme espressive del gioco nel senso che in entrambi i casi guarda, acclama, si eccita; ma la distinzione dei ceti avviene nel momento dell'agire non in quella del vedere. Infatti il diritto a correre e a correre a cavallo è esclusivamente prerogativa della nobiltà, ceto sociale caratterizzato ed individuato, nei secoli centrali dell'età moderna, dalla partecipazione ereditaria a cariche di governo dalle quali i popolari erano esclusi. In questo contesto il patriziato manifestava le sue qualità intellettuali e, come afferma il Volpi in un suo studio, "''Foligno è stato fino al Settecento uno degli ambienti culturali più vivi di tutta l'Umbria''". Per cui anche il gioco, almeno a partire dagli inizi del secolo XVII, sembra essere vissuto come espressione di prestigio intellettuale e quindi verrà effettuato esclusivamente dal ceto nobiliare che, in questo modo, indicherà l'occupazione dello spazio fisico e simbolico della città.<br>
In base alla documentazione esistente negli Archivi Priorali, nel 1603 si sentì il desiderio di ricostituire la giostra poichè, probabilmente, da qualche tempo essa non si correva più. Le interruzioni infatti erano frequenti: guerre, carestie e pestilenze interrompevano momentaneamente il suo svolgersi, ma essendo questa tradizione legata essenzialmente al patrono San Feliciano e al Carnevale, molto radicata nella popolazione, ben presto venne ripristinata. Dall'atto notarile steso da Giovanni Battista Jacobilli il 10 luglio 1662, sappiamo che quasi sessanta anni prima, nel 1603, il Capitano Giulio Franchini da Bologna dette alla città di Foligno cento scudi con l'obbligo di reinvestirli sotto forma di censo, utilizzando la rendita annua per l'acquisto di un  premio da dare al vincitore della Corsa del Saracino, “''Cursus Saracinus''” volgarmente detta Giostra, che ogni anno, “''quotannis''”, veniva corsa nella città di Foligno durante il Carnevale, “''tempore Bacchanalia''”, o per la festa di San Feliciano, a discrezione dei Priori della città, amministratori perpetui della fondazione. Giulio Franchini era figlio di Giovanni e di Alessandra Aldovrandi, importanti nobili bolognesi, e militò come capitano dei cavalleggeri del Papa e dei fanti, sotto Pio V, Sisto V e Gregorio XIV. Il suo legame con Foligno, dove visse fino alla sua morte, fu determinato dal suo matrimonio con Allegrezza della nobile famiglia folignate degli Onofri, avvenuto nel 1570, anno in cui si trasferì definitivamente nella città di Foligno, ove acquistò notevoli proprietà terriere.
== La Giostra del 1613 ==


[[Categoria:Giostra della Quintana]]
[[Categoria:Giostra della Quintana]]

Versione delle 21:18, 5 set 2021

La statua della Quintana: particolare

La Giostra della Quintana è la principale manifestazione che si svolge a Foligno, ogni anno, dal 1946. Si tratta della rievocazione della Giostra che veniva effettuata anticamente, in un periodo che abbraccia il tardo medioevo e l'età barocca, in occasione del Carnevale. Si hanno notizie, perlopiù frammentarie, di varie Giostre effettuate a Foligno durante questi secoli, ma solo di una si ha un resoconto completo e dettagliato: la Giostra del 1613. Quella cronaca, redatta dal Cancelliere dell'epoca, Ettore Tesorieri, è giunta fino a noi ed è stata presa a modello quando, nel 1946, si decise di "riesumare" l'antico torneo cavalleresco.
Partita come semplice rievocazione storica da un’idea di Emilio De Pasquale, negli anni la Giostra è stata integrata con manifestazioni accessorie che ne hanno accresciuto la popolarità, fino a farla diventare un vero e proprio fenomeno di costume. Così come ormai non si può più prescindere dalle taverne rionali, che di fatto sono i centri in cui si svolge l’attività di tutti coloro che in qualche modo ruotano intorno alla Giostra stessa. Fino al 1978 si è svolta una sola edizione annuale; dal 1979 si corrono due edizioni, la Sfida e la Rivincita, che per vent’anni si sono svolte nel giro di due settimane. Dal 2000 la Sfida si svolge, in notturna, nel mese di giugno, la rivincita, invece, nella classica collocazione pomeridiana, in settembre.


Origine della Giostra della Quintana

Il termine "quintana" deriva con ogni probabilità dal nome di una delle strade interne all'accampamento (castra) romano, ubicata "ai due lati del Pretorio" dove "viene lasciato uno spazio di cinquanta piedi tra il V e il VI squadrone e allo stesso modo tra il V e il VI manipolo di fanteria, in modo che ne risulta un'altra via in mezzo alle legioni, perpendicolare ai quartieri e parallela alle tende dei tribuni: questa via si chiama Quintana perché si trova lungo le tende della V squadra" (Polibio, VI, 27-32). In questo settore specifico, destinato all'allenamento dei legionari, i soldati armati di lancia si lanciavano per infilzare un anello tenuto in una mano da un fantoccio. Dal punto di vista storico la Quintana, invece, è quella statua o fantoccio di legno che raffigura un guerriero armato, verso il quale, come ad un bersaglio, corrono i cavalieri con le lance. Esso viene chiamato anche Saracino con riferimento alle Crociate o alle guerre contro i Turchi, Chintana o Buratto e rappresenta una mezza figura, che nella mano sinistra tiene lo scudo e nella destra la spada o il bastone. Tale statua, se non è colpita al petto, ruota su sé stessa e colpisce colui che sbaglia il colpo.
Le cronache ci tramandano diverse notizie su varie Giostre corse a Foligno, ma la maggior descrizione la troviamo per quella del 1158 corsa in onore dell'Imperatore Federico I (Barbarossa). Lo storico folignate Lodovico Jacobilli ci fa sapere che ne risultò vincitore, contro i cavalieri tedeschi della scorta, il nobile folignate Ferrara Pandolfi che ebbe in dono dal sovrano la possibilità di aggiungere il nome Elmi al cognome e di inserirlo nello stemma araldico. In seguito le cronache di Riccardo di San Germano ci tramandano i ricordi di una Giostra tenutasi in città in onore del Re di Puglia e di Sicilia, Federico II, che nel Gennaio 1240 scese a Foligno, proveniente da Coccorone (Montefalco), per celebrarvi un congresso straordinario dei suoi seguaci nell'Italia centrale.
La prima notizia di una Giostra nella quale giovani cavalieri a cavallo dovevano infrangere le loro lance appuntite contro la Quintana ci viene da un documento in latino del 1448. In esso, redatto dal Cancelliere comunale del tempo, Bernardo De Albriciis, troviamo scritto per la prima volta il termine di Quintana. Il De Albriciis, nel redigere un “regolamento” per le celebrazioni della festa di San Feliciano, parla dell’esposizione di un “Palio Aquefranche” che si aggiudicherà il vincitore della giostra e di un anello (annulo argenteo et similiter) che dovrà essere infilato con la lancia. L'umanista Niccolò Tignosi, nel suo trattato “De origine Fulginatum”, attribuì ai Trinci, la cui signoria terminò nel 1439, la colpa di aver fatto sparire gran parte dei documenti dagli archivi cittadini, risparmiando solo la documentazione che riguardava la loro casata, e quindi la quasi totale assenza di documenti dei periodi precedenti.
Nel 1472 e nel 1497 si ha notizia di due giostre all’incontro, sempre tenute nel periodo carnevalesco. La prima avvenne il 9 febbraio, per festeggiare una donazione di Christofano Piccolomini, nipote del Cardinale. In quell’occasione la lancia aveva un anello di ferro in cima. La giostra avveniva quindi con un cavaliere contro l’altro e si assegnavano diversi punteggi a seconda di dove veniva colpito il contendente. Erano previste pene in caso di uccisione o ferimento. La seconda avviene invece per la festa di San Feliciano, a sostituire la precedente Corsa del Palio. Si hanno notizie di altre Giostre tenute negli anni 1527, 1554, 1600, 1613, 1616, 1713, 1718, 1720, 1740. Di tutte queste gare ci sono giunti dei racconti frammentari ad eccezione di quella del 1613 di cui troviamo, oltre ai capitoli di giostra (regolamenti), una cronaca della gara.
La corsa, chiamata allora "Gioco dell'anello", forse perché si dava in premio al vincitore un anello del valore di otto fiorini, si svolse nella Piazza Grande in occasione della Festa di San Feliciano. Infatti gran parte della giornata dedicata alla festa del patrono era dedicata ai "ludi publici", spettacoli di massa che fino alla metà del secolo XV erano effettuati nella seconda parte della giornata, come afferma il cancelliere De Albriciis che li elenca anche nel seguente ordine:

  • spettacolo della pacca;
  • corsa del toro;
  • palio rosato;
  • corsa all'anello;
  • corsa delle meretrici.

La corsa dell'anello o all'anello era uno spettacolo cavalleresco riservato ai giovani nobili; essa prendeva il nome dal premio messo in palio: un anello d'argento del valore di otto fiorini. Oppure veniva chiamata giostra del termine latino "juxta" trasformatosi poi in "jostare" che vuol dire accostarsi, avvicinarsi, naturalmente ad un bersaglio fisso contro cui si infrangevano le aste.
Scopo precipuo della Giostra, ripresa ogni anno il 17 Gennaio, primo giorno di Carnevale, doveva essere il semplice spasso popolare, che si protraeva fino al giorno delle Ceneri. Ma da una memoria del 1613, in cui si parla di una contesa sorta tra i priori della città, e cioè "se il cavaliere d'onore debba tener più alla grazia del principe o al favore di una gentilissima dama", possiamo sospettare che altre gare siano sorte, per risolvere altre questioni d'amore e di gentilezza, com'era costume in quei paesi dove la cavalleria ebbe il suo naturale sviluppo.
La distinzione sociale dei ceti si rivela, pertanto, direttamente. Certo il popolo partecipa a tutte e due le forme espressive del gioco nel senso che in entrambi i casi guarda, acclama, si eccita; ma la distinzione dei ceti avviene nel momento dell'agire non in quella del vedere. Infatti il diritto a correre e a correre a cavallo è esclusivamente prerogativa della nobiltà, ceto sociale caratterizzato ed individuato, nei secoli centrali dell'età moderna, dalla partecipazione ereditaria a cariche di governo dalle quali i popolari erano esclusi. In questo contesto il patriziato manifestava le sue qualità intellettuali e, come afferma il Volpi in un suo studio, "Foligno è stato fino al Settecento uno degli ambienti culturali più vivi di tutta l'Umbria". Per cui anche il gioco, almeno a partire dagli inizi del secolo XVII, sembra essere vissuto come espressione di prestigio intellettuale e quindi verrà effettuato esclusivamente dal ceto nobiliare che, in questo modo, indicherà l'occupazione dello spazio fisico e simbolico della città.
In base alla documentazione esistente negli Archivi Priorali, nel 1603 si sentì il desiderio di ricostituire la giostra poichè, probabilmente, da qualche tempo essa non si correva più. Le interruzioni infatti erano frequenti: guerre, carestie e pestilenze interrompevano momentaneamente il suo svolgersi, ma essendo questa tradizione legata essenzialmente al patrono San Feliciano e al Carnevale, molto radicata nella popolazione, ben presto venne ripristinata. Dall'atto notarile steso da Giovanni Battista Jacobilli il 10 luglio 1662, sappiamo che quasi sessanta anni prima, nel 1603, il Capitano Giulio Franchini da Bologna dette alla città di Foligno cento scudi con l'obbligo di reinvestirli sotto forma di censo, utilizzando la rendita annua per l'acquisto di un premio da dare al vincitore della Corsa del Saracino, “Cursus Saracinus” volgarmente detta Giostra, che ogni anno, “quotannis”, veniva corsa nella città di Foligno durante il Carnevale, “tempore Bacchanalia”, o per la festa di San Feliciano, a discrezione dei Priori della città, amministratori perpetui della fondazione. Giulio Franchini era figlio di Giovanni e di Alessandra Aldovrandi, importanti nobili bolognesi, e militò come capitano dei cavalleggeri del Papa e dei fanti, sotto Pio V, Sisto V e Gregorio XIV. Il suo legame con Foligno, dove visse fino alla sua morte, fu determinato dal suo matrimonio con Allegrezza della nobile famiglia folignate degli Onofri, avvenuto nel 1570, anno in cui si trasferì definitivamente nella città di Foligno, ove acquistò notevoli proprietà terriere.

La Giostra del 1613