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Stemma della famiglia Salimbeni

Bianchina Trinci, figlia di Ugolino II Trinci e Vittoria da Montemarte, sorella di Trincia e Corrado II, sposata con Giovanni Bottone Salimbeni di Siena, ebbe un'intima amicizia con Caterina di Jacopo di Benincasa, la futura Santa Caterina da Siena.
Alcuni storici e studiosi hanno avanzato l'ipotesi, in realtà piuttosto concreta, che a insegnare a scrivere a Caterina, in età adulta, sia stata proprio Bianchina Trinci.

Santa Caterina da Siena

Caterina di Jacopo di Benincasa, conosciuta come Caterina da Siena (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380), è stata una religiosa, teologa, filosofa e mistica italiana. Venerata come santa, fu canonizzata da Pio II nel 1461; nel 1970 è stata dichiarata dottore della Chiesa da Paolo VI. È patrona d'Italia insieme a san Francesco d'Assisi e compatrona d'Europa.
Nel 1363 entrò nell'ordine delle Terziarie domenicane, note a Siena con il nome di "Mantellate". Caterina, che non sapeva né leggere né scrivere, chiese a una consorella più istruita di insegnarle quel tanto che bastava, ma non ne ricavò nulla.
Nell'ottobre del 1370 i fratelli della santa si trasferirono a Firenze e, dopo alcuni mesi di residenza, chiesero di ottenere la cittadinanza fiorentina. In pratica la famiglia di Jacopo e Lapa si sfaldò, ma Lapa decise di restare con Caterina. Da allora Caterina iniziò a essere accompagnata dalla “Bella brigata”, un gruppo di uomini e donne che la seguivano, la sorvegliavano nelle sue lunghe estasi, l'aiutavano in ogni modo nelle attività caritative e anche nella corrispondenza che gente di ogni parte intratteneva con lei.
Caterina da Siena iniziò un'attività di corrispondenza, avvalendosi di membri della brigata a cui dettava le sue lettere. Ne scrisse circa 300, durante gli ultimi dieci anni (1370-1380) della sua vita. Questo ricco epistolario affrontava problemi e temi sia di vita religiosa che di vita sociale di ogni classe, e anche problemi morali e politici che interessavano tutta la Chiesa, l'impero, i regni e gli Stati dell'Europa trecentesca. Caterina scrisse anche a personalità importanti dell'epoca. Su questi interessi qualcuno esprimeva giudizi critici, per questo Caterina dovette presentarsi al Capitolo dell'Ordine Domenicano, che si tenne a Firenze nel 1374. C'era chi accusava Caterina di tendenza a un protagonismo fuori degli schemi tradizionali, che non competevano certo a una donna, per di più popolana e non colta. Al Capitolo non fu trovata in Caterina nessuna colpa ma, riconoscendo la singolarità del suo caso, i Padri preferirono prendere una decisione eccezionale: le assegnarono un confessore personale, il quale fosse sua guida e garante del suo spirito domenicano; a questo compito fu assegnato fra Raimondo da Capua.
Rientrata a Siena da Firenze, Caterina fu impegnata ad assistere gli ammalati, colpiti da una delle frequenti epidemie di quel tempo. Intanto due dei suoi precedenti discepoli e confessori, trasferiti a Pisa, diffusero in quella città la sua fama tanto che Piero Gambacorti, il signore di quella città, invitò Caterina a Pisa. Caterina accettò quell'invito e vi si recò nei primi mesi del 1375. Secondo la tradizione qui, nella domenica delle Palme, nella chiesa di Santa Cristina, davanti a un crocifisso oggi nel santuario Cateriniano, Caterina ricevette le stigmate, che però su richiesta della santa rimasero a tutti invisibili.

Caterina fu oggetto di fenomeni mistici caratterizzati da visioni. Secondo i racconti del suo confessore, già all'età di sei anni ella si sarebbe rifugiata in un eremo per soddisfare il suo desiderio di consacrarsi. Durante una notte di carnevale del 1367 le apparve Cristo accompagnato dalla Vergine e da una folla di santi, e le donò un anello visibile solo a lei, sposandola misticamente. Dopo essere stata accolta dalle Mantellate, frequenti furono le sue estasi presso la chiesa del convento dedicata a san Domenico. Qui stava ritirata in preghiera e qui aveva frequenti colloqui familiari con Gesù Cristo, suo mistico sposo. Sono annoverate frequenti estasi da lei avute mentre rimaneva appoggiata a un pilastro ottagonale della chiesa.
Secondo la tradizione, durante gli ultimi giorni della sua vita ci furono continue visite dei figli spirituali e a ciascuno di essi, dopo le comuni raccomandazioni, lei comunicava ciò che dovevano fare successivamente nella vita. La mattina della domenica dopo l'Ascensione, il 29 aprile 1380, prima dell'alba, fu notato in lei un grande mutamento, che fece pensare all'avvicinarsi della sua ultima ora. Il suo respiro diventò così fievole che fu deciso di darle l'Unzione degli infermi. Durante le sue ultime ore più volte chiamò "Sangue! Sangue!". E infine disse: "Padre, nelle tue mani raccomando l'anima e lo spirito mio". Spirò quella domenica 29 aprile del 1380, poco prima di mezzogiorno.
Caterina ha lasciato un epistolario di 381 lettere, una raccolta di 26 preghiere e il "Dialogo della Divina Provvidenza". Molte delle opere di Caterina sono state dettate, anche se Caterina divenne capace di scrivere e scrisse alcune lettere di suo pugno.
Alla morte di Caterina i suoi discepoli raccolsero le sue lettere. Il teologo Tommaso Caffarini, incaricato delle trattative per la canonizzazione di Caterina, fu autore della raccolta considerata ufficiale. Le Lettere riscossero fin da subito un enorme successo. L'editio princeps, curata da Bartolomeo Alzano, fu data alle stampe da Aldo Manuzio a Venezia nel 1500. La raccolta, comprendente 353 lettere, fu più volte ristampata nel corso del '500. Nell'edizione del 1860 Niccolò Tommaseo tentò di restituire alle Lettere l'ordine cronologico e le corredò di un apparato di note molto apprezzato dagli studiosi sia dal punto di vista storico che sotto il profilo linguistico-letterario.


Bianchina Trinci