La Statua della Quintana

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Si erge con portamento fiero, fissandoci con gli occhi sgranati e l’espressione ferma di chi non tentenna nel lanciare una sfida: è la preziosa statua lignea – esposta nel Museo Multimediale dei Tornei, Giostre e Giochi Storici di Palazzo Trinci – simbolo indiscusso della rievocazione storica della Quintana. Si tratta di una scultura alta 141 centimetri che riproduce le fattezze di un guerriero armato, quale probabile raffigurazione di Marte, il dio della guerra della mitologia classica. La statua è abbigliata secondo l’equipaggiamento in uso nell’esercito romano: il capo è coperto da un elmo finemente lavorato e ornato da una lunga cresta, il busto è rivestito di una lorica squamata, anch’essa arricchita da varie decorazioni, fra le quali il volto di una Gorgone, agghiacciante mostro mitologico dai capelli ricciuti misti a serpenti; la lorica termina con il tipico gonnellino formato da frange di cuoio, i cosiddetti “pterigi”. Con il braccio sinistro la statua tiene uno scudo ovale che riproduce lo stemma bipartito del Comune di Foligno: troncato d’oro e di rosso, nel primo di bianco caricato di una croce rossa (insegna del Magistrato), nel secondo di rosso caricato di un giglio d’argento (arme del Popolo). Il braccio destro è teso verso l’esterno parallelamente al suolo; sulla mano chiusa a pugno è stato inserito un supporto in legno e metallo per consentire l’utilizzo della scultura come simulacro di una giostra ad anelli. La statua termina all’altezza del gonnellino ed è pertanto priva delle gambe, essendo fissata ad un perno con piedistallo. La superficie scolpita presenta consistenti tracce della originaria decorazione policroma, resa più visibile in seguito al restauro eseguito nel 1996, mentre sullo scudo e sull’elmo si scorgono resti di una sottile lamina d’oro.

Datazione della Statua

Per molto tempo si è pensato che il "belli simulacrum" fosse stato realizzato appositamente per la Giostra, descritta dal Tesorieri, del 1613. Nella Sezione di Archivio di Stato di Foligno è conservato un importante documento, reso noto da Gabriele Metelli nel 1983, che getta luce sulla datazione e sulla paternità di quest’opera d’arte. Il testo è datato 1° gennaio 1550 e riporta, sotto il titolo di “Spese facte per fare la Inquintana et posamento d’essa”, le cifre pagate a vari mastri e artigiani, fra i quali anche due pittori, "mastro Belardino pettore e mastro Alisandro pettore"; il primo potrebbe essere identificato, anche se a livello dubitativo, con il figlio del più noto Pierantonio Mezzastris, il secondo è probabilmente Alessandro Barnabei, artista attivo nel 1536 nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Spello e nel 1547 nel palazzo comunale di Foligno.
Come ha notato Paola Tedeschi, in questa nota spese si parla di un "rocho de noce" e di un "rocho de ormo" e Roberto Saccuman, che ha collaborato al restauro del 1996, conferma che la statua in nostro possesso è realizzata proprio in legno di noce in parte svuotato e riempito con un tronco di olmo, per cui si può concludere che la nota si riferisca proprio alla nostra scultura.
Bruno Toscano sottolinea che la resa accurata dell’elmo istoriato e dell’armatura decorata richiama ancora caratteri propri del classicismo erudito di marca cinquecentesca; secondo lo studioso, i lineamenti fortemente accentuati (gli occhi spalancati, la bocca turgida e semiaperta) presupporrebbero l’assimilazione della sensibilità barocca di stampo romano.
Dall'elenco delle spese sappiamo che il costo finale fu di 21 fiorini e 28 soldi. Di lì a poco il fiorino fu sostituito dallo scudo, il cui valore era circa la metà del fiorino; perciò il Comune spese per i materiali, la fattura e la messa in opera circa 40 scudi. Mastro Matteo che la scolpì ebbe 24 scudi, le altre voci elencate riguardano l'acquisto del legno di noce e di olmo per la statua, i ferri, i bolini e le catene, l'oro e stagelli; ai due pittori, Belardino e Alisandro, furono pagati in tutto 3 scudi e 20 baiocchi. Non è semplice rapportare il valore delle monete del tempo alla nostra moneta ma per avere un'idea del costo dell'Inquintana, basti pensare che nel 1587 il salario annuo del maestro di scuola era di 118 scudi, quello del podestà era di 120 scudi, che la pigione annua della casa del medico forestiero era di 8 scudi.

Proprietà della Statua

L'altra questione, intorno alla quale per decenni hanno circolato inesattezze e leggende metropolitane, riguarda la proprietà della Statua. Fino a qualche tempo fa si credeva che fosse di proprietà della famiglia Gregori, diretta discendente di quel "cavalier Fidele", Bartolomeo Gregori appunto, che nel 1613 si aggiudicò la vittoria, il premio in palio, e "il grande privilegio, per la sua famiglia, di conservare presso la sua dimora la statua del Saracino"; ma le cose non andarono proprio così.
Il documento del 1° gennaio 1550 attesta in modo inequivocabile che la statua venne realizzata a spese del Comune di Foligno e permette di dirimere la controversa questione circa la proprietà dell’opera, rivendicata dalla famiglia folignate dei Gregori.
Il manufatto ligneo fu fatto eseguire dal comune di Foligno e l'elenco delle spese fu redatto da due magistrati comunali, Antonio Lucantoni e Prospero dì Gaspare.
La querelle nasce da un’erronea interpretazione del cosiddetto “Offizio della custodia”, che a partire dal 1570 fu acquistato per i suoi quattro quinti dalla famiglia Gregori; si tratta di una magistratura straordinaria con un mandato definito nel tempo, dal 17 gennaio all’ultimo giorno di Carnevale.
Segno tangibile dell’inizio del Carnevale e dell’Offizio della custodia era l’esposizione della Statua dell’Inquintana, o Saraceno, in piazza davanti al palazzo dei Priori, nel giorno di Sant’Antonio (17 gennaio), fino al martedì grasso.
La statua della Quintana quindi non è mai stata di proprietà della famiglia Gregori: realizzata a spese del Comune, era custodita nel palazzo dei Priori, come si legge nell’"Inventario delli mobbili esistenti nel Palazzo della Magnifica Comunità di Foligno", datato 10 gennaio 1633, dove, all’interno della camera da basso nel cortile, viene citato il Saracino con il suo ceppo. I documenti attestano che la scultura venne usata nel gennaio 1613 per celebrare le festività patronali e carnascialesche con una gara cavalleresca. Nel 1833 venne deciso di sospendere l’esposizione della statua durante il Carnevale. Nel 1946 il simulacro venne ritrovato presso la famiglia Gregori, che evidentemente l’aveva custodito dal 1833 fino a quel momento, quando cioè nacque la rievocazione storica della Giostra della Quintana.


L'Offizio della Custodia

Nel 1483, papa Sisto IV confermò al Comune di Foligno la nomina degli Ufficiali della Custodia. Il loro compito era quello di prevenire scandali e di vigilare sulla città, particolarmente durante il giorno di san Feliciano, e di dirigere, con il titolo di Cavalieri dell'Inquintana, i festeggiamenti carnevaleschi. Il Cavaliere dell'Inquintana non solo amministrava la giustizia civile ma doveva curare l'esposizione in piazza della statua dell'Inquintana, tra il giorno di Sant'Antonio Abate (17 gennaio) e il martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale.
Il capofamiglia di casa Gregori aveva acquistato a titolo oneroso l'ufficio della custodia della città, con molti privilegi ad essa inerenti, nel 1570, quindi ben prima della Giostra del 1613, e lo mantenne fino al 1833. I Gregori, oltre a curare l’esposizione della Statua, non ne avevano tuttavia né la proprietà, né il mero possesso: varie memorie ed inventari secenteschi attestano infatti che essa era custodita "nella camera da basso nel cortile del Palazzo Priorale" e che veniva "messa [...], levata e riposta" su incarico dei Gregori.
Un manoscritto dell'epoca recita: "Per tale oggetto e per varie somme sborsate dalla suddetta famiglia Gregori alla Comune, viene da questa pagata annualmente la somma di scudi 54, come rilevasi dalla tabella sanzionata dalla Sacra Congregazione del buon governo."
A. Monichini “sindico della Communità” di Foligno almeno da una dozzina di anni, nel 1699 afferma: “Ogn'anno la mattina di San Antonio Abbate (17 gennaio) ho messo il Saracino, che si conserva in Palazzo priorale, nella piazza publica dell'istessa Città e, l'ultimo giorno del Carnevale, l'ho levato e riposto in detto palazzo. E così ho osservato in ogn'anno fino al presente”. Il Saraceno o Inquintana segna, così, il principio e la fine del Carnevale folignate da Sant'Antonio a Martedì grasso, periodo in cui ricorre anche la festa del Santo Patrono Feliciano, definendo in questo modo il contesto di più momenti festivi ed un ciclo situato tra il cadere dell'inverno e lo sbocciare della primavera. Inoltre il Carnevale entra nel giorno dedicato ad un santo molto legato alla vita del popolo minuto, ma attraverso formalità che appartengono al potere ed al patriziato cittadino. Il Saraceno esce dal Palazzo Priorale e poi vi rientrerà. Questo è il palazzo da cui la vita amministrativa e, in genere, pubblica della città trae il suo alimento ed in cui si radica il potere cittadino che è gelosamente rivendicato e gestito dal ceto gentilizio.
Con la restaurazione dello Stato Pontificio, il quale riorganizzò il proprio assetto amministrativo eliminando molte cariche ormai obsolete, fu cancellato, nell'anno 1833, il compito della famiglia Gregori di esporre la statua del Saraceno in piazza. La Statua della Quintana fu sistemata a Palazzo Gregori non prima del 1834, anno in cui la sua esposizione in piazza divenne ridicola. Una lettera del segretario di Stato, datata 31 gennaio 1833, ordinò di "togliersi l'uso di tenere appeso nella piazza pubblica un fantoccio dirante il carnevale, che non poche volte aveva dato causa a sconcerti, e massime perchè la sospensione del medesimo si faceva in un punto centrale della città e in luogo prossimo al corpo di guardia."
La famiglia Gregori protestò, inviando una lettera al Vescovo della Città:
"Malgrado però quest'uso inveterato, questa consuetudine non mai interrotta, si pretende in quest'anno dalla Magistratura di impedire una tale esposizione all'odierno Barone Brandolice Gregori, e quasi per via di fatto spogliarlo di tal privilegio. Bramando egli che sia mantenuto questo antico privilegio, si rivolge all'autorità di E.V.R. acciò si degni di ordinare, che venga osservato il solito, e siccome è imminente il detto giorno 17 Gennaro, però supplica l'E.V.R. di abbassare prontamente gli ordini opportuni alla Magistratura di Fuligno, a ciò per evitare qualunque inconveniente potesse succedere sul volersi introdurre una novità in pregiudizio delle famiglia Gregori, che è in possesso di tal prerogativa. Vari anni sono, il ricorrente sulle jattanze di questa comunità, si rivolse a Monsignor Spinola in allora Delegato di Perugia, e fu onorato del rescritto, che si osservi il solito, del quale ora si fa istanza all'E.V.R."
Con i consueti ossequi, la famiglia Gregori chiudeva il suo discorso, che in realtà non approdò a nulla. Alla famiglia Gregori, tuttavia, va il merito di aver conservato per più di 100 anni la Statua e per questo nel 1991 l'Ente Giostra donò ai discendenti della famiglia Gregori una delle due copie del Saracino, in vetroresina, per ringraziarla del compito eseguito.

La statua originale La copia usata al Campo de li Giochi


I Baroni Gregori

Nel 1946, l'ultima discendente diretta dei Gregori che avevano acquistato l'Uffico della Custodia nel lontano 1570, era la baronessa Amalia Gregori, vedova di Albaugusto Piccini, che viveva nel palazzo di famiglia situato nell'attuale via Umberto I. "Una dimora enorme, con tanto di stalle e giardini che fu venduta nella prima metà degli anni '60 alla ditta folignate Cicioni, la quale la demolì e vi costruì l'edificio dell'ex Standa".
Quando Emilio De Pasquale si recò a palazzo per chiederla in prestito, in occasione della riproposizione dell'antico torneo cavalleresco, non la trovò. Il Simulacrum Belli era infatti stato trasferito, poco tempo prima, nella città di Spoleto. A portarcelo fu l'avvocato Brandolice Piccini, figlio primogenito di sette fratelli, che lo fece sistemare in casa di sua moglie Nella Luporini, nel palazzo che si affaccia sulla strada che collega via del Mercato con la piazza del Comune. "L'intenzione era quella di dare più lustro alla residenza spoletina in occasione del Festival dei Due Mondi".
Nel settembre del 1946 il Dio Marte torna quindi sulle rive del Topino, e dopo 333 anni di oblio torna ad incrociare lo sguardo dei cavalieri folignati. Dopo la prima edizione moderna della Giostra della Quintana, la statua tornerà a Palazzo Gregori a far bella mostra di sé in cima allo scalone principale, posizionata strategicamente di fronte alla porta della Cappella interna ed al portone del Salone d'Onore. Dall'anno 1947 sino al 1959, delegati del Comune di Foligno venivano incaricati di prelevare la statua a seguito di richiesta ufficiale inoltrata dall'allora presidente dell'Ente Autonomo Giostra della Quintana, e previa autorizzazione della proprietaria Baronessa Amalia Gregori, alla quale veniva poi inviata relativa lettera di ringraziamento per "la gentile collaborazione allo svolgimento della manifestazione".
Verso la fine degli anni '50 la nobildonna si trasferì ad Orvieto presso suo figlio Bione Piccini medico chirurgo il quale tornava appositamente dalla città della rupe per consentire le operazioni di prelievo e di restituzione. Dal 1959 il simulacro ligneo lascerà definitivamente la "sua casa" per restare in custodia presso la sede dell'Ente Giostra, allora in Corso Cavour. Il 7 ottobre di quell'anno infatti, il Vice Presidente prof. Alfredo Bucci scrive a Bione Piccini chiedendo il permesso di tenerlo in consegna, al fine di poterlo utilizzare in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960.
Il 30 novembre viene concesso il nulla osta dalla Baronessa, ed il 4 novembre il rapporto epistolare prosegue con uno lettera di ringraziamento, sempre a firma del Vice Presidente Bucci. Al ritorno dalla capitale non rientrerà più a Palazzo Gregori, è il 16 gennaio del 1961 quando il Magnifico Cancelliere, Senatore Giuseppe Salari, propone all'avvocato Brandolice Piccini trasferitosi a Terni, di acquistare la “Statua della Quintana" o in alternativa di collocarla in una sala espositiva in via di allestimento a Palazzo Trinci, appositamente riservata alla manifestazione. La richiesta stavolta cade nel vuoto.
Sempre nel 1961, la sera del 24 agosto, muore in una villa di famiglia sul Monte Peglia l'ultima discendente della famiglia Gregari, la Baronessa Amalia, e il possesso della statua passa direttamente all'avvocato Brandolice Piccini. L'Ente Giostra invia un telegramma in cui esprime condoglianze per “l'ultima discendente diretta del primo vincitore della Giostra e della statua della Quintana di Foligno".
A partire dal 7 dicembre del 1963 sino al 1970 all'erede verrà pagato dal Comune di Foligno un canone annuo di lire 550. Censo puramente simbolico, stabilito per non inficiare il possesso del bene. Brandolice Piccini muore nel 1974 senza ricevere gli ultimi quattro anni di censo, e il Simulacrum Belli passa nelle mani di Albaugusto Piccini, unico nipote di sesso maschile. Sarà lui l'ultimo a ricevere i "canoni di affitto" con un bollettino bancario di 8.800 lire, la cui causale recita: "custodia della statua della Quintana dal 1970 al 1985". Questa consuetudine, proseguita per 23 anni, s'interrompe nel 1986 e nessuna somma verrà più elargita.
Dopo tre anni, siamo quindi nel 1988, Albaugusto Piccini ne chiede ufficialmente la restituzione, restando comunque disponibile a metterla a disposizione per effettuare la Giostra. Nello stesso anno la statua originale subisce un serio danneggiamento, durante le operazioni di trasporto al Campo de li Giochi, e si decide di non utilizzarla più. Verrà sostituita, dopo essere stata adeguatamente rinforzata, con una delle due copie in vetroresina fatte realizzare in Germania dalla catena di fast food "Dairy Queen", che aveva aperto un'attività nei locali dell'ex Caffè Sassovivo in Corso Cavour.
Il 9 agosto del 1991 l'allora presidente dell'Ente Giostra, avv. Ariodante Picuti, scrive al Vice Questore di Perugia Albaugusto Piccini per offrirgli la "sorella gemella" che era a disposizione dell'Ente stesso. La cerimonia ufficiale di consegna si svolge nel cortile dell'ex "Sassovivo" a fine agosto, alla presenza di rappresentanti dell'Amministrazione comunale, dei vertici quintanari e dei priori. Adesso si trova nella sua casa di via delle Ghiande, a Ponte Rio di Perugia, dove viene gelosamente custodita, proseguendo la secolare tradizione di famiglia.


L'affascinante storia della Statua della Quintana è giunta fino a noi grazie alle ricerche e agli articoli di Paola Tedeschi, Fabio Massimo Mattoni e Claudio Bianchini.


Bibliografia

"I Rioni di Foligno - Tradizione e Storia" - Bruno Martinelli - Associazione Orfini-Numeister - Foligno 1994
"Rione Spada - Giostra della Quintana 1946" - Gabriele Brinci - Ente Giostra della Quintana - Foligno 2007
"Giostra della Quintana 1946 - I protagonisti" - Gabriele Brinci - Ente Giostra della Quintana - Foligno 1996
"1946:nonsoloquintana" - Lanfranco Cesari, Domenico Doni, Franco Bosi - Foligno 1996
"Discorso della Città di Foligno - Cronologia dei Vescovi, Governatori, e Podestà, ch'hanno retto essa Città." - Lodovico Jacobilli - Foligno 1646
La Gazzetta di Foligno
Ente Giostra della Quintana
Sito "Quintana di Foligno"
"Qui - Brochure ufficiale della Giostra della Quintana di Foligno" - A cura di Manuela Marinangeli e Mauro Silvestri
"Il Cittadino" - Periodico di costume, arte, cultura e turismo
Con il gentile contributo di Ivano Bruschi e Silvio Ceccarelli

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